Page 10 - Bollettino Novembre - Dicembre 2018
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San Gaudenzio a 1600 anni dalla morte - Continua da pag. 9
al 1711, con l’apertura dello scurolo in cui, il 14 giu- gno di quell’anno, vennero collocate le reliquie di San Gaudenzio, entro la preziosa urna argentea ancor oggi visibile. Nell’ottocento, la basilica venne poi sormon- tata dall’ardita costruzione della cupola, progettata da Alessandro Antonelli, i cui lavori, iniziati nel 1844, si conclusero nel 1878, con la collocazione, sulla sommi- tà, della statua bronzea del Salvatore, alta ben cinque metri, che oggi è visibile all’interno della chiesa, essen- do stata sostituita da una copia.
All’interno della basilica sono diverse le opere che te- stimoniano l’ininterrotta devozione della città e della diocesi nei riguardi del loro patrono. Le vicende della sua vita sono narrate nei teleri, opera di Giovanni Mau- ro Della Rovere, oggi conservati all’interno della cap- pella del Sacramento e nelle preziose formelle bronzee che ornano l’altare maggiore, disegnate da Carlo Beret- ta. Altri episodi sono anche presenti, in monocromo, nella predella del polittico del Ferrari, oggi visibile in tutto il suo splendore, nella seconda cappella destra.
Dalla città di Novara il culto di San Gaudenzio si è propagato in tutto il territorio della diocesi: dai grandi centri della pianura, fino ai più piccoli villaggi sulle mon- tagne, dalla Valsesia all’Ossola. In particolare, si possono ricordare le dedicazioni gaudenziane poste quasi a presi- dio dei confini del territorio novarese: Borgolavezzaro, verso sud, Romentino, verso est, Varallo Sesia e Baceno, a
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Conosciamo il Sacro Monte
La facciata della Basilica
Le vicende del progetto Cagnola non eseguito
nord. Anche in queste chiese vi sono molte testimonian- ze di iconografia gaudenziana, che ha attraversato, senza soluzione di continuità, secoli di storia: dagli affreschi del XIV secolo, fino ad opere novecentesche, passando per la produzione figurativa di età rinascimentale e ba- rocca. Dal punto di vista iconografico, San Gaudenzio non possiede degli attributi specifici e viene rappresenta- to come un anziano vestito in abiti episcopali.
Le feste annuali
Ogni anno la chiesa novarese celebra con solennità il suo primo vescovo - il 22 gennaio – con funzioni liturgiche che accompagnano il pellegrinaggio di migliaia di devoti allo scurolo che resta aperto per una settimana. In questo anno giubilare diverse comunità parrocchiali o unità pastorali hanno compiuto il pellegrinaggio alla basilica gaudenzia- na, rinnovando così la memoria con le origini della nostra chiesa e rinsaldando il legame con il nostro vescovo, cento ventiquattresimo successore di Gaudenzio. Per chi voles- se approfondire la figura del primo vescovo di Novara, sia dal punto di vista storico, sia liturgico, sia iconogra- fico, con ulteriori indicazioni bibliografiche si consi- glia: P. Milani, P. Mira, San Gaudenzio primo vescovo di Novara, Gorle, Velar, 2018, testo edito proprio in occasione di questo anno giubilare gaudenziano.
don Damiano Pomi
Antonelli, che ne riprenderà ripetutamente vari motivi compositivi e soprattutto il gusto per l’imponenza, le dimensioni monumentali, a volte eccessive, esorbitanti in numerosi suoi progetti, particolarmente nei protiri di edifici sacri, valga per tutti, per quanto a distanza di decenni, quello del Duomo di Novara, anche per la pre- senza dei colonnati laterali più bassi. Diametralmente opposto però è l’aspetto finanziario: tutto gratuito, solo per il prestigio e la personale soddisfazione il mar- chese Cagnola; quasi sempre al fine di lucro, quanto più ciclopici i progetti, per il borghese Antonelli, anche avveduto speculatore in campo urbanistico a Torino.
L’avventura della facciata varallese si va trasfiguran- do nel ricordo quasi in un mito. Basta poco però per rendersi conto che fu una fortuna, una grossa fortuna, non averla realizzata. A parte l’insostenibile sforzo eco- nomico, si sarebbe trattato di un intervento spregiudi- cato, dannoso per l’armonia, l’equilibrio urbanistico- ambientale di tutta la Santa Montagna varallese, per le dimensioni eccessive.
Non solo la Piazza Maggiore, ma l’intero “super parie- tem” ne sarebbe stato alterato ed oppresso, oltre che per le proporzioni anche per la frigidità dello stile in stri- dente contrasto col poetico fascino delle sobrie, limpide architetture immerse nel verde. Tutto l’incanto, tutta l’atmosfera ne sarebbero per sempre stati compromessi.
Ma in Varallo, non sul Sacro Monte però, la mano, la presenza del Cagnola architetto è ancora ben evidente in un notevole intervento, in una modifica interna, fi- nora mai presa in considerazione, come ho accennato, nello stesso palazzo d’Adda in cui il Cagnola era di casa.
Si tratta del salone del primo piano, ora Sala dei con- vegni, riadattata, o ristrutturata in piena età neoclas- sica, con il lato verso mezzogiorno, collegato in modo geniale ed ardito con un vano minore, per mezzo di due colonne ioniche reggenti l’architrave, come nella Porta Ticinese a Milano, eretta dal Cagnola tra il 1801 ed il 14 e nella scenografica infilata dei saloni napoleonici della Pinacoteca di Brera.
Casimiro Debiaggi
Novembre/Dicembre • 2018
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