Page 6 - Bollettino Novembre - Dicembre 2017
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Conosciamo il Sacro Monte - n. 6 - Primo capitolo
La presenza dei due campanili ai fianchi del presbite- rio, doveva innanzitutto svolgere una funzione statica, quasi di due contrafforti a contenere la spinta, lo sforzo di scarico dell’erigenda cupola, la prima di tutta la valle.
Il progetto stilato dai d’Enrico nel 1614 doveva im- mediatamente aver colpito, aver sorpreso ed impressio- nato assai positivamente la fabbriceria, doveva essersi fatto notare per la sua originalità , per il prestigio che assumeva particolarmente con la presenza delle due torri campanarie, che avrebbero conferito ancor mag- gior imponenza al tempio.
Si trattava di una novità assoluta in tutta la zona, an- che oltre i confini della vasta diocesi di Novara. Certo ben poca cosa dovevano risultare al confronto le due torricelle romaniche, affiancanti la facciata della basi- lica di San Giulio al lago d’Orta. Né potevano essere determinanti i due campanili gemelli ai lati della fac- ciata dell’antico duomo novarese. Forse vi poteva esse- re un richiamo quasi inconscio ed instintivo alle torri campanarie binate di tante gotiche cattedrali svizzere, in una zona in cui gli architetti e capomastri prismel- lesi erano di casa, e con cui i d’Enrico erano in stretta
relazione. Ma si tratta di torri di facciata, mentre qui dovevano affiancare la parte retrostante. Certamente poi Enrico e Giovanni d’Enrico dovevano avere il testo base dell’architettura manieristica: le tegole delle cinque ordini di architettura del Vignola, edita nel 1562, che detterà legge e sarà diffusissima fino all’ottocento.
Torri gemelle nel secondo Cinquecento, non di fac- ciata si avranno,per esempio a Roma anche in aulici edifici civili, come Villa Medici e Villa Borghese.
Campanili binati nella storia
Campanili binati affiancanti il presbiterio si trova- no invece in età romanica in area piemontese (in S. Abbondio di Como i due campanili affiancano l’ulti- ma campata della navata centrale laterali interne) nel duomo d’Ivrea e poi in quello di Aosta. Ora è ben nota l’intensità di rapporti già dal medioevo tra la Valsesia e la Valle d’Aosta con la presenza assai numerosa di maestranze di Riva Valdobbia ed Alagna ad iniziare dal Trecento sempre più sviluppata nei secoli succes- sivi. Secondo la tradizione, lo stesso padre di Enrico d’Enrico e di Giovanni d’Enrico, Giovanni d’Enrico il vecchio (senior) avrebbe lavorato come fabbro in Valle D’Aosta, per cui non è improbabile che anche il pri- mogenito Enrico da giovane abbia, almeno una volta, varcato il colle di Valdobbia ed abbia notato la presen- za dei due campanili gemelli del duomo aostano. Per di più la parte superiore di una delle due torri era stata rovinata alla fine del 500 da un incendio e venne rico- struita all’inizio del 600. Per cui è assai facile che i cam- panili binati aostani fossero particolarmente ricordati da Enrico d’Enrico e possano essere stati lo spunto, la fonte prima per l’idea di dotare di due campanili ge- melli ai lati del presbiterio il progetto della nuova chie- sa del Sacro Monte.
DELEGAZIONE DALLA SICILIA
Dalla Sicilia in visita al Sa- cro Monte il gruppo “Amici di Mons.Fasola”.
Con loro Mons.Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, Mons. Ignazio Zambito, vescovo eme- rito di Patti e il nostro amico don Bruno Medina, rettore del Santuario di Cannobio.
Novembre/Dicembre • 2017
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