Page 9 - Bollettino Settembre - Ottobre 2018
P. 9

Verso i 200 anni di presenza al Sacro Monte (2019)
GLI OBLATI DELLA DIOCESI DI NOVARA (terza parte) Un certo Torotti compì il pubblico desiderio”: gli Oblati alla Cappelletta di Varallo Sesia
La documentazione seicentesca, persino sovrabbondante, non è purtroppo completamente esplicativa dei primi
momenti degli Oblati a Varallo e, in
particolare, all’oratorio campestre della
Beata Vergine delle Grazie, meglio noto
come la Cappelletta, “...poco discosto dal
Borgo di Varallo” sulla boscosa, scoscesa
parete di un colle prossimo al complesso monumentale del Sacro Monte. Si tratta
di una piccola, severa cappella non dissimile dalle molte del vicino, celebre, complesso sacro, cui si affianca un elaborato edificio adibito a residenza e a collegio che subì successivi interventi, che sorse perché, stando alle più o meno coeve e pie narrazioni al proposito: “... Circa l’anno 1662, nella Valsesia venne sì grande copia d’acqua che restando intercetti tutti i sentieri, i parrochi non potevano andare ad amministrare i Sacramenti nei diversi luoghi della parrocchia di Varallo. Usciti perciò alcuni da questo borgo per far la calata nella neve, arriva<ro>no ad una Cappelletta della B.V. attorno a cui non v’era neve per un certo spazio, ed invece verdi e fioriti virgulti. La novità della cosa trasse molto popolo a quel luogo e fu decretato di fabbricarvi una chiesa a perenne memoria. Un certo Torotti compì il pubblico desiderio ed edificò a sue spese la chiesetta e vi aggiunse delle camere che egli, pio sacerdote, cominciò ad abitare attendendo a quel luogo con carità e zelo”.
Era il Torotto (o Torotti, appunto) che conosciamo e che nel 1682, dunque vent’anni dopo gli accadimenti sopra ricordati, lasciò per testamento quella chiesina alla rinata Congregazione degli Oblati dei ss. Gauden- zio e Carlo – che lui stesso aveva contribuito a far risor- gere - insieme ad altri beni di pertinenza di don Negri. Lo spesso fascicolo cartaceo che pure informa dei com- plicati passaggi di proprietà, delle altrettanto intricate vicissitudini personali ed economiche che potrebbero spiegare, almeno in parte, l’orientamento varallese dei sacerdoti valsesiani poi oblati, non è però su ciente a chiarire i passi iniziali degli Oblati nel vivace borgo della valle.
Certo le eredità dei reverendi Negri e Torotto avvi- cinarono pressoché immediatamente i Padri della ri o- rita Congregazione a un borgo, Varallo, già celebre per il suo Sacro Monte, e si possono leggere, nell’archivio dei Padri, riferimenti a sporadici contatti tra il prepo- sito della Congregazione, allora ancora a S. Cristina di Borgomanero, e alcuni varallesi; accenni fugaci e fram-
mentari certo, dispersi come sono in carte non solo slegate tra loro ma anche gravemente degradate dal tempo e che si possono reperire qua e là, in disordine, a partire dagli anni Novanta del Seicento : ma è dall’aprirsi del XVIII secolo che le vicende degli Oblati cominceranno a intrecciarsi con quelle di Varallo, alla Cappelletta prima e al Sacro Monte poi.
Stemma degli Oblati
Andiamo con ordine. Il primo religio- so della Congregazione ad avere stabile residenza alla Cappelletta fu l’oblato Giovanni Antonio Armellino, già amico e con dente di quel don Benedetto Ludovi- co Giacobini, zelante sacerdote e preposito di Varallo dal febbraio 1705 all’aprile 1732, che avrebbe a sua volta tentato – purtroppo senza successo – di entrare a far parte dell’Istituto oblatizio all’epoca, ormai, della sua nuova residenza novarese, in S. Giacomo. Armelli- no e Giacobini si erano conosciuti ad Aosta molti anni prima dei fatti varallesi ed insieme avevano studiato dal 1666 al 1672. Le loro vite si sarebbero nuovamente in- crociate a Varallo ben più tardi, ai primi del Settecento, quando li sappiamo entrambi presenti – con ruoli di- versi: preposto parroco il Giacobini, rettore del minu- scolo collegio oblatizio della Cappelletta l’Armellino
– nel suggestivo borgo montano .
L’Armellino, secondo la narrazione dell’oblato
Torotto e in mancanza di altre testimonianze, fu dal- la Congregazione applicato a Varallo probabilmente nella seconda metà degli anni Ottanta e, va detto, non senza immaginare possibili, potenziali di coltà nei rapporti tra appartenenti al Collegio e autorità civili ed ecclesiastiche locali: “...Quando haveressimo il modo di fondarvi un Collegio esibitoci d’Oblati, o d’altri” – in Varallo, s’intende, “conviene considerare che potrebbero diventare più ardui...” i rapporti “...per non altercare [...] ossia per tenere la buona pace” e d’altra parte,  n- ché in zona furono attivi dei frati minori, non si pensò in nessun caso a favorire l’arrivo e l’insediamento di altri religiosi alla Cappelletta .
Questo nel 1686, quando il pio e dotto sacerdote oblato Torotto pubblicò il suo lavoro su Varallo e il Sa- cro Monte. Tensioni si generarono poi, e ettivamente, entro il secondo decennio del Settecento. In data im- precisata ma con ogni probabilità prossima allo scorcio del XVII secolo, una malconcia e incompleta missiva di pugno “Delli Oblati de S.ti Carlo et Gaudentio” indiriz- zata a un “Ill.mo et Rev.mo Monsig.r” che, dal contesto, si può agevolmente identi care in monsignor Vi-
Settembre/Ottobre • 2018
9


































































































   7   8   9   10   11