Page 6 - Bollettino Novembre - Dicembre 2018
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Conosciamo il Sacro Monte
La facciata della Basilica
Le vicende del progetto Cagnola non eseguito
ed il sole fin quasi al mezzogiorno. Sarebbe stato “darsi una zappa sui piedi” per la nobildonna.
Anche il Manni, che ancora a metà del Novecento con- siderava il progetto del Cagnola come “il progetto princi- pe”, un “vero gioiello d’arte...supremamente bello”, deve riconoscere che “per la sua grandiosità, occupando uno spazio prezioso veniva a strozzare i passaggi laterali”.
Verso la rassegnazione del progetto Cagnola
A ben poco serve anche l’autorizzazione da parte del cardinal Morozzo, vescovo di Novara, per una raccolta di fondi da parte delle parrocchie valsesiane. Si va così diffondendo lentamente un senso di rassegnazione. Intanto nel 1833 muore lo stesso architetto Cagnola e già l’anno successivo la sua giovane vedova sposa in seconde nozze il conte Ambrogio Nava, che predilige e completa la villa d’Inverigo. Quindi i rapporti con Varallo passano in second’ordine.
Vengono dunque a mancare due dei personaggi più direttamente coinvolti nell’impresa tanto onero- sa per le finanze del Sacro Monte. Ed è significativo che immediatamente dopo (1835-39) il marchese di Barolo (tutti marchesi: i d’Adda, il Cagnola, la Sam- martino di Parella ed il Barolo, ma i titoli nobiliari non bastano per fare avanzare i lavori) impegnandosi per eccezionale generosità ed altruismo per Varallo e la valle con la fondazione del laboratorio di scultura che porta il suo nome, ed interessandosi anche con passione per la conservazione ed i restauri alle cap- pelle del Sacro Monte, come risulta dalla sua ampia corrispondenza con le istituzioni varallesi, non fa mai cenno al grosso problema riguardante la facciata della Chiesa Maggiore. E sì che a Torino, pochi anni prima (1827), quand’era sindaco della città, era intervenuto personalmente per completare la costruzione, pure neoclassica, del tempio della Gran Madre di Dio, che era rimasto interrotto per mancanza di fondi. Ma qui a Varallo c’era da un lato il riguardo di non interferi- re con i d’Adda, dall’altra c’erano i cordiali rapporti con la marchesa di Parella, anche lei, come i Barolo, residente a Torino ed appartenente all’alta nobiltà sa- bauda legata alla corte.
Lo stesso re Carlo Alberto nella sua visita a Varallo, certo su suggerimento del Barolo stesso, il 29 agosto 1836, ammira i capolavori d’arte della città, sale al Sa- cro Monte, riposa brevemente nell’appartamento del- la marchesa di Parella, ma nel suo diario non fa alcun cenno riguardo alla facciata della Chiesa Maggiore in cui assiste alla Messa, e si limita a donare alla Nuova Gerusalemme i drappi per il trono di Erode.
Il marchese Luigi Cagnola
Anni di silenzio
Tutto si arena, tutto si assopisce, tutto tace. Anche il più ricco e mu- nifico varallese del tempo, il conte Benedetto Carel- li, non interviene per la facciata, ma per vari altri lavori, lasciando inoltre
Novembre/Dicembre • 2018
per testamento di erigere le due statue di Bernardino Caimi e di Gaudenzio Ferrari all’ingresso del santuario. Questo non vuol dire che sul Monte inizi un periodo di stasi, anzi. Sia pure in modo discontinuo e non siste- matico, qua e là si affrontano dei lavori, si prendono degli impegni, o per iniziativa della fabbriceria, o gra- zie a dei generosi benefattori. L’elenco sarebbe molto lungo; cito solo tra il 22 ed il 26, esattamente all’epoca d’inizio dei lavori della facciata, la sostituzione dell’ori- ginario gruppo ligneo del Cristo deposto nella Sindone, o della Pietà, con quello dello scultore neoclassico Lui- gi Marchesi di Saltrio, operante a Milano anche col più celebre fratello Pompeo per opere progettate dal Ca- gnola, intervento a cui non deve essere stato estraneo il consiglio, o il beneplacito del Cagnola, anche se inter- mediario è il giovane Giacomo Geniani. Tra il 1835 ed il 39 si erige in Basilica l’altare di S. Pietro d’Alcantara per voto della città di Varallo; tra il 51 ed il 52 avvie- ne la costruzione del portico attorno alla gaudenziana cappella del Cristo in croce, su progetto modificato del Geniani; nel 53 è la volta del portico verso nord della cappella dei Magi; tra il 53 ed il 54 s’innalza per ini- ziativa del vescovo di Novara, monsignor Gentile, il marmoreo altare dello scurolo, e così via ancora negli anni Sessanta.
Sono tutti lavori anche impegnativi, non sempre felici, ma sostenibili finanziariamente, non come l’im- presa della facciata. Ci si rende sempre più conto col passare degli anni e dei decenni dell’impossibilità di ri- uscire a realizzare il sogno del Cagnola e ci si rassegna con rimpianto.
Il progetto riaffiora
Tuttavia, grazie all’incisione dei Pianazzi largamente diffusa, il progetto non scompare dalla memoria, anzi, viene a costituire un modello, un esempio nobile, pre- stigioso, anche se teorico, uno spunto ideale che avrà seguito particolarmente nell’area novarese nei decenni successivi, influendo sul giovane Continua a pag. 10
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