Page 5 - Bollettino Novembre - Dicembre 2018
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Progetto di Giovanni Massone
centrale par di capire che l’architetto abbia tracciato, al posto della discussa finestra, una grande targa, o un semplice, ampio riquadro da meglio definire.
Un’attesa entusiasta
Per l’ambiente del Sacro Monte e di tutta la valle è il trionfo, è l’esaltazione imprevista e sorprendente del “colossale “, della solennità fredda e retorica, quasi irri- gidita; è l’esaltazione della linea retta, sia in verticale che in orizzontale; è l’abolizione, quasi l’ostracismo di archi e di curve. Un’architettura sull’”attenti”, imperante in quei decenni. Una soluzione in sé, per altro, non certo priva di pregi e di una sua personalità; si tratta di una struttura aperta, con assoluta prevalenza dei vuoti sui pieni, ma è anche un originale gioco di colonne, o me- glio di colonnati maggiori e minori, che troveranno la loro realizzazione più felice e geniale nella celebre villa di Inverigo in Brianza, tra le opere più famose del Ca- gnola, pressoché coeva al progetto varallese, iniziata per propria residenza suburbana, ma conclusa solo dopo la morte dell’autore, avvenuta nel 1833.
A Varallo l’entusiasmo iniziale è grande. Nel 25, come si è già accennato, è ormai ultimato lo stilobate, o piattaforma pavimentale, su cui sono posate le basi delle quattro colonne maggiori di facciata, con la spesa di ben 12.000 lire, mentre altri blocchi sono già predi- sposti a Cilimo, ove in parte ancora dovrebbero giacere semisepolti tra i rovi.
Ma il materiale scelto, pare dallo stesso Cagnola: “marmo campanino simile al bardiglio, la di cui cava si è scoperta.....poco distante da Varallo...”, come scrive la guida del 1826, cioè a Cilimo, risulta non sufficien- temente resistente.
Il problema dei fondi
Sono necessarie delle sovvenzioni. Si invia a Torino una delegazione al sovrano Carlo Felice ed al presiden- te del Senato per ottenere dei fondi. Ma tanto il Re
Progetto del marchese Luigi Cagnola
che il Presidente sono in villeggiatura, come veniamo a sapere da una lettera del Cagnola al prefetto della Pro- vincia di Valsesia del 23 agosto 1825, in cui afferma di volersi recare a Varallo per controllare diligentemente i lavori prima dell’inverno. Appare molto singolare a prima vista che il re e la regina Maria Cristina, che sarà in futuro tanto munifica verso le istituzioni artistiche valsesiane, non intervengano. Ma ovviamente non po- terono venir informati dalla delegazione varallese, non preannunziata, perché lontani da Torino nel pieno dell’estate. Inoltre l’interesse di Carlo Felice in quel periodo è tutto rivolto ai grandiosi restauri dell’Abazia sabauda di Hautecombe.
Nell’adunanza della veneranda congregazione del Sa- cro Monte il 18 settembre del 25 si fa anche un altro in- genuo tentativo con la Marchesa Sanmartino di Parella “Benefattrice esimia e generosissima a favore di questo Santuario,” facendosi “doverosa premura di parteciparle il secondo appalto....”. Ma la marchesa è già impegnata in altre imprese non da poco sul Monte, dopo aver am- pliato tra il 1816 ed il 18 l’edificio a portici sulla Piazza Maggiore, che da lei prenderà il nome di Casa Parella.
Nel 26 poi, grazie alla sua munificenza, si avviano i restauri delle cappelle di Adamo ed Eva, di Caifas e di Erode, già certo preventivati almeno nel 25. Difficile anche per altre ragioni che la marchesa volesse interve- nire e vedesse di buon occhio il progetto del Cagnola. L’impresa era partita da un’iniziativa legata ai d’Adda, alla loro famiglia, alla loro parentela. Sarebbe parso scorretto, come un’intrusione, un gesto quasi umilian- te per loro, l’intervento finanziario d’un altro mecena- te. Il progetto poi, con le sue dimensioni, se realizzato, sarebbe venuto ad opprimere, a soffocare quasi l’appe- na terminata Casa Parella, con il pronao che si sarebbe avanzato prepotente fino a due o tre metri dall’appar- tamento della marchesa, togliendogli respiro, vista
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