Page 8 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Dal disagio al dissenso, dal disciplinamento al dominio delle coscienze
Un inquadramento storico
L’Europa e soprattutto l’Italia stavano attraversando, in quel lungo, scabroso secolo XVI, anni difficili. Le luci e i fasti della rinascenza erano sulla scena tanto quanto le guerre continue e disastrose, le micidiali carestie cui si accompagnavano fin troppo spesso febbri e devastanti forme epidemiche che falcidiavano una popolazione già allo stremo delle forze nonostante i più diversi commerci, estesi ormai oltre oceano, interagissero se ed ove possibile con un ceto mercantile vivace e aperto alle innovazioni. Alle ombre di questo desolato quadro sociale, politico ed economico, prevalenti forse, qua e là, nonostante le fortune finanziarie, l’abbagliante splendore degli innumerevoli casi di eccellenza nell’arte e di una cultura umanistica ormai raffinatissima e prossima ad aprirsi ai gusti del barocco, si dovette purtroppo aggiungere un duplice pericolo: il primo e più minaccioso, sinistramente al centro dell’Europa cristiana, era quello della nascita e del rapido diffondersi dell’eresia luterana1 l’altro, più incombente di quanto non si fosse prima immaginato, era dovuto alla bellicosa espansione della potenza ottomana2.
Laici ed ecclesiastici avevano la consapevolezza di vivere in un momento di gravissime, diffuse crisi: v’erano, certo, l’opportunità di arricchirsi con il commercio, ormai intercontinentale, la fama e la possibile gloria per le continue guerre, il lusso e gli agi delle corti aristocratiche e sfarzose, le città traboccanti della più varia umanità, finissimi letterati, artisti, filosofi, matematici e teologi ma... alla gloria delle guerre si contrapponevano anni di carestie e malattie, schiere di poveri, di storpi e mutilati, di violenti ed emarginati, di orfani e vedove.
Agli aulici letterati, ai famosi architetti e scultori, ai più celebri pittori, ai più dotti tra filosofi e teologi stavano di fronte gli indifferenti, gli oziosi, gli innumerevoli incolti e illetterati (e tra costoro, oltre alla massa della povera gente e a parecchi conti, duchi, principi, figuravano molti, troppi ecclesiastici). Sul più vario sentire prevalevano gli umori tetri, pessimistici e malinconici3, tipici di una rinascenza consapevole sì del proprio splendore così come delle proprie capacità e potenzialità, ma anche ed ancor più della precarietà dell’esistenza, dell’ansia e delle preoccupazioni per un mondo lacerato, difficile, spesso incomprensibile. È in questo contesto che si diffusero, grazie anche all’espansione della stampa, il pensiero e le
1 Utili a questo riguardo le osservazioni, da punti di vista differenti, di S. Caponetto, La riforma protestante nell’Italia del Cinquecento, Torino 1997 (ed. orig., Torino 1992), e di M. Firpo, Riforma protestante ed eresie nell’Italia del Cinquecento, Roma-Bari, 1993.
2 Oltre alle belle pagine sul pericolo turco per l’Europa del XVI secolo di V.L. Tapié, Monarchia e popoli del danubio, Torino 1993 (ed. orig. Paris 1969), p. 79 ss. si vedano le recenti, interessanti considerazioni sulle reazioni nell’Italia signorile del ‘500 in G. Ricci, Ossessione turca. In una retrovia cristiana nell’Europa moderna, Bologna, 2002.
3 Sul tema, ampiamente affrontato da una nutrita schiera di specialisti delle più varie branche dell’erudizione tra medioevo ed età moderna, si vedano i recenti saggi contenuti in Malinconia ed allegrezza nel Rinascimento, a c. di L. Rotondi Secchi Tarugi, Milano 1999.