Page 13 - Bollettino Settembre - Ottobre 2020
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Valsesia e il Francescanesimo
FIGURE DI FRATI
In questo articolo si continuano a illustrare francescani particolarmente significativi
Più rigorosamente de-
finibile sul piano sto-
rico l’illustre Giovanni
Reale, Valsesiano nato
a Rimella il 4 Marzo
1732 ed entrato nell’or-
dine Francescano con il
nome di fra Filippo da
Rimella, personaggio
ancora da valutare inte-
ramente nel peso della
sua cultura, nell’altez-
za della sua dottrina e, soprattutto, nel vigore
della sua predicazione
che lo rese meritata-
mente famoso, ai suoi
tempi, in larga parte
d’Italia. Studioso di
filosofia e teologia, di
storia sacra e profana,
discipline delle quali
fu anche stimato e ve-
nerato maestro, fu do-
tato per natura di una
brillante eloquenza
che manifestò in alte e infuocate orazioni, pronunciate dai pergami più importanti. Era il tempo in cui correvano per l’Europa le ideologie maturate con la rivoluzione france- se tendenti alla dissacrazione dell’ esistenza, all’irrisione delle mani- festazioni religiose, alla “consacra- zione’’ di filosofie razionalistiche e paganeggianti; erano i tempi in cui correvano interminabili ed astiose polemiche fra giansenisti e cattoli- ci e, in Toscana, prendevano corpo le proposte riformiste del Vescovo di Pistoia, Scipione Ricci; erano i tempi in cui si diffondevano, con le proposte rivoluzionarie giacobi- ne, gli scritti di Racine, gli articoli ferocemente astiosi di Voltaire ten- denti ad indurre, quanto meno, alla ribellione all’ autorità religiosa. Fra Filippo da Rimella prende posizio- ne chiara, ferma, dichiarata contro
Sopra “La cattura di Margherita e fra Dolcino” affresco di Antonio Ciancia da Caprile 1867. Sotto, la Chiesa di Scopa.
il dilagare di queste idee e si fa as- sertore vigoroso, intransigente sul piano concettuale ed anche affasci- nante sul piano dell’oratoria, di un forte movimento spirituale di op- posizione, facendo leva sulla carica emotiva della sua fervorosa parola.
Specialmente forti le sue argo- mentazioni ed allocuzioni con le dottrine giansenistiche, tanto da suggerire allo Scavini l’ appellativo di ‘’malleus iansenistorum’’, ma an- che infuocate le sue argomentazioni
contro l’ eretico Dolcino che negli anni dal 1304 al 1306, seminò in Valsesia le sue teorie appoggiando la sua predicazione con la forza delle armi.
Il 24 agosto 1790, nella chiesa plebana di Scopa, nel luogo stesso e nell’an- niversario della lega stret- ta dai Valsesiani contro Dolcino, fra Filippo (“fa- natico padre”, lo chia- ma il Segarizzi nella sua prefazione alla ristampa della “Historia fratris Dulcini Heresiarcae”) pronuncia un’infuocata allocuzione commemo- rando gli avvenimenti.
Ma il riferimento a Dolcino risulta più che altro un pretesto per con- trobattere quelle ideolo- gie che provengono dalla Francia. Il focoso oratore
non ne fa certo mistero, anzi nella dedica del volume dichiara che lo hanno spinto a trattare l’argomen- to “il desiderio di giovare ai miei pa- trioti, prevenendoli e rinforzandoli contro il ceco e forsennato entusia- smo di una falsa e rovinosa libertà e di una anticristiana filosofia che per tutta l’Europa segue propagando scandali e disordini orribili’’.
Il frate fu soprattutto visto e pre- sentato sotto questa veste di fusti- gatore e di censore e gli stessi suoi conterranei non ne misero in giusta luce la grandezza dimenticando che fu un attore dell’inquieta scena del suo tempo, pur con tutte quelle in- temperanze che ai protagonisti che si sono esibiti sotto altre vesti e con altri ruoli, siamo soliti perdonare o guardare con una certa indulgenza. •
Alberto Bossi
Settembre / Ottobre • 2020
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