Page 10 - Bollettino Settembre - Ottobre 2020
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                Racconti Missionari
ALFABETO SPECIALE T
 T... come tornare
“Wakati gani utakaporudia mu Africa? (quando ritornerai In Africa)?” e io rispondevo a que- sta domanda: “Mungu tu anajua (solo Dio lo sa)”. Certo mi sareb- be piaciuto saperlo, ma le vie del Signore, i Suoi programmi sono sconosciuti.
Quando meno te l’aspetti, ti arri- vano delle sorprese. Ogni volta che un missionario va in vacanza, dopo alcuni anni vissuti in missione, la domanda è sempre quella. Forse perché la gente ti si è affezionata, forse perché anche tu hai comincia- to a sentirti a casa tua, forse perché hai preso “il mal d’Africa”.
Una malattia difficile da gua- rire, se non ritornando laggiù. Quando ti sentono parlare o leg- gono quello che scrivi, viene spon- taneo farti questa domanda “Cosa aspetti a tornare?”. La risposta è sempre quella: “Ci tornerei a pie- di, anche se è a seimila chilometri di distanza”.
Poi ti devi rassegnare a fare quel- lo che i tuoi capi ti chiedono, però tu continui a sognare il giorno del ritorno nella “terra promessa”. Mi ricordo, quando la prima volta ho lasciato l’Africa (ci ero rimasto per 5 anni) e avevo dovuto rientrare in fretta perché ammalato, mi chiede- vo se sarei ritornato.
Poi, per fortuna, tutto è andato bene. Sono guarito, ho approfit- tato del tempo delle vacanze per parlare a tutti di quello che avevo vissuto e così dopo qualche mese sono ripartito. La seconda volta è tutta diversa.
Non c’è più la sorpresa, l’emo- zione di scoprire un posto nuovo, di come muoversi. Sai già che vai a casa tua, dove troverai degli amici e quindi ti senti un po’ preparato. È vero non bastano cinque anni per
conoscere l’Africa, però se ci metti un po’ di cuore, tutto può diventa- re più facile.
Naturalmente devi essere pron- to ad accettare le critiche, i consi- gli, a ricominciare quando sbagli, a capire che sei arrivato in un mon- do diverso dal tuo. Devi capire che ci sono delle persone che hanno un modo di ragionare e di vivere che ti obbligano ad andare piano piano.
Anche se hai i tuoi progetti, li devi realizzare insieme a loro e con i loro ritmi, tenendo presenti tutte le difficoltà, comprese le in- giustizie e i sogni infranti da chi ti dovrebbe aiutare. Poi, se dopo tutto questo, ti senti ancora bene tra di loro, allora continui e accetti gli imprevisti giornalieri. Magari quando con il fuoristrada ti infan- ghi nella strada dopo la pioggia, oppure devi affrontare una tempe- sta sul lago.
Quando la signora MALARIA ti butta a terra per alcuni giorni e devi startene fermo, sudando e man- giando poco o niente. A volte ti sbagli nel dire qualche parola e loro si mettono a ridere. Allora, in tut- ta umiltà, accetti le correzioni e ti
rimetti a studiare. E l’elenco sareb- be lungo. A ogni ritorno in Africa, magari cambiando Stato, come è successo a me (dal Congo RDC al Camerun, dopo 11 anni trascorsi in Italia), ti dicono:”Guarda che le cose sono diverse da quelle che hai letto sui giornali o ti hanno raccon- tato.
Qui sei al servizio della gente. Non comandi, ma “servi”. E allo- ra, devi accettare tutto volentieri e scopri una nuova dimensione della missione che è quella vera, della condivisione, dell’accorgerti dei talenti, delle qualità che hanno le persone, soprattutto quelle più semplici. Devi saperti rimettere in gioco ogni volta, senza scoraggiarti, senza dire che allora quello che ho imparato non serve più. No, è stata la base, ma ora ci devi aggiungere cose nuove che la gente ti insegna.
È una scoperta giornaliera. È un tornare e un ri-tornare che fa bene, ti mantiene giovane e, perché no, qualche volta ti fa anche sorridere e ti fa dire “ma guarda un po’ come è interessante la vita!”.
p. Oliviero Ferro missionario valsesiano
 Settembre / Ottobre • 2020
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