Page 19 - Bollettino Aprile - Giugno 2019
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                tutto questo attribuito unicamente all’Amministrazione Comunale ed al suo direttore laico.
Che veramente il Vescovo non abbia più il posto che gli compete presso l’attuale Amministrazione, lo dimostra il fatto che l’attuale Vescovo (come già altri suoi prede- cessori) venuti parecchie volte sul Sacro Monte per Funzioni Religio- se, per Esercizi, eccetera non ebbero neppure il bene di potere ossequia- re ed essere ossequiarti al loro arrivo dal Direttore.
Il Prevosto di Varallo
Parimenti si vede destituito da ogni prestigio e autorità per il Sacro Monte il Parroco locale che ha pure giurisdizione e diritti di parroc- chialità su quel territorio. Cito un solo fatto. - Ogni anno in occasione della solennità di Maria Santissima Assunta si pubblica dall’ammini- strazione un manifesto a stampa per annunziare che sul Sacro Monte si fanno le feste patronali: chi fa le funzioni è il Parroco di Varallo col suo clero, eppure il Parroco si vede ogni anno pubblicato il manifesto con le funzioni e relativi orari, senza neppure essere interpellato: qual- che anno fa protestò, il direttore disse che aveva ragione, ma ciò no- nostante si continuò e si continua come prima.
Inoltre il Sacro Monte non potrà mai avere quello sviluppo che do-
vrebbe pigliare, perché manca un ospizio per alloggiare quanti vi ac- corrono, e Varallo non ha alloggi a sufficienza né ivi alberghi, nè ivi case private, per il concorso che si verifi- ca nelle grandi occasioni. Il Parroco attuale ha tentato di caldeggiare l’i- dea di un ospizio; vi fu anzi per que- sto scopo qualche lascito e qualche oblazione, ma con l’attuale ammini- strazione non se ne farà mai nulla. Tanto più che nessuno mai può sa- pere se l’amministrazione del San- tuario sia in buone o cattive condi- zioni finanziarie, e solo due anni or sono un Commissario Prefettizio suggeriva alla nuova Amministra- zione Comunale, che egli insediava, di colmare i debiti del Comune con una somma di lire 24.000 apparte- nenti al Santuario; segno evidente che il Santuario ha fondi
Il Rettore
Nessun prestigio può avere anche un Rettore che deve ricevere ordini dai subalterni per celebrare una Mes- sa, una Benedizione, una Funzione (articolo regolamento 10)-che deve
rimettere all’assistente le offerte e gli oggetti ricevuti dai fedeli (articolo 53) che deve domandare al Direttore le candele da mettere sugli altari.
È conseguenza di tutto questo si è che i fedeli non avendo fiducia nelle persone laiche preposte al Santua- rio e vedendo che i Preti non vi pos- sono nulla, vi fanno meno frequenti le loro visite e meno larghe le loro offerte ed il Santuario va un poco per volta scomparendo. Dissi va scomparendo: perché non solo da parecchi anni il Casino degli Eserci- zi si affitta ai villeggianti, per avere un reddito il che sarebbe tollerabile, ma sono sorte nuove costruzioni so- pra le stesse cappelle che ne svisano l’estetica e nei dintorni dell’albergo è persino piantata da due anni, vi- cinissima alla prima cappella, una baracca per uso dell’albergo stesso.
E tutto questo è possibile essendo l’amministrazione ristretta ad una sola persona, tanto che un giornale cittadino più volte ebbe a parlare in nome e per conto dell’Amministra- zione stessa.
A cura della Redazione
   RICORDO DEL PROF. FRASCOTTI, VALSESIANO DI BASTIA
Gloria dimenticata di Bastia, il bel paesello vicino a Borgosesia, era stato allievo nel Convitto Nazionale di Novara del celebre prof. Stefano Grosso, barnabita, un antichista pubblicamente apprez- zato da Giosuè Carducci, notoriamente non tenero con loro, e da lui giudicato degno della cattedra universitaria. L’onesto Carducci riteneva che il prof. Grosso ne fosse stato escluso per ragioni mas- soniche ed anticlericali. Gaudenzio Fra scotti venerava il suo mae- stro e dall’Università iniziò con questi una corrispondenza durata tutta la vita: 35 lettere dal 1867 all’inizio del nuovo secolo.
Laureatosi in Lettere a Torino, il Frascotti fu insegnante nei licei di Firenze, Cagliari, Pistoia e da ultimo a Genova, secondo la faticosa trafila dei professori dopo l’unità, in quella che qualcuno ha voluto chiamare l’Italietta, forse per la sua probità. Mirò, senza riuscirvi, tutta la vita a succedere al Grosso sulla cattedra del Carlo Alberto di Novara. Nelle lettere, accanto alla discussione di temi eruditi, non manca mai di informare il maestro delle sue aspirazioni e difficoltà. Il barnabita, a sua volta, lo chiamava decus Valsesiae (gloria della Vals- esia) e lo seguiva con affetto. È buon maestro chi accompagna gli al- lievi nel difficile percorso dell’esistenza.
O gran bontà dei cavalieri antiqui!
G. O.
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