Page 4 - Bollettino Aprile - Agosto 2020
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                Il Card. Renato Corti, Vescovo Emerito di Novara
IL RICORDO DEL CARD. RENATO CORTI
Il 12 maggio 2020 presso i padri oblati di Rho spirava il card. Renato Corti,
vescovo emerito di Novara. Presenteremo alcuni interventi significativi per ricordarne la figura.
 Noi vogliamo solo richiamare le sue presenze al Sacro Monte, presenze sempre discrete, precise nella predi- cazione. Mons. Corti ascoltava con molta attenzione, con molta calma tutti coloro che volevano salutarlo, parlargli. Era un vescovo attento agli altri. Rimarrà sempre impressa anche la sua semplicità nel vestire: la sua talare ambrosiana e una
semplice croce al collo. Un vescovo sempre attento alla sostanza, non alla figura. Se ne parlerà ancora di lui!
Ricordo di un maestro spirituale
al biennio filosofico, così come si chiamava, dove in- segnavano persone del calibro di Ravasi, Sequeri, Co- letti, Margaritti. Don Renato, però, volle interpretare in modo del tutto spirituale il passaggio che portava a formare il prete del concilio. Sentiva che un’infarinatu- ra solo ideologica avrebbe procurato danni, bisognava
 Correva l’anno 1970.
Erano gli anni fervidi ed
entusiasmanti del post-
concilio. Appena ventenne
varcavo la soglia del Semi-
nario di Saronno che fin
allora era riservato all’anno
di Propedeutica alla teologia. Spirava un vento nuovo anche per la formazione seminaristica che s’immagina- va un modo rinnovato per far passare il prete dalla fi- gura tridentina dell’uomo del sacro al pastore di comu- nità. Le linee guida indicavano non più solo un anno propedeutico seguito da quattro anni di teologia, come s’era fatto sino allora, ma un biennio di teologia di mar- cato orientamento vocazionale e spirituale, seguito da un triennio con una forte connotazione teologica e pa- storale.
Per questo progetto, accanto al rettore don Ferrari e all’indimenticabile don Giulietto, come padre spiri- tuale era stato scelto don Renato Corti. Proveniva dal vicino collegio di Gorla Minore, allora fucina di futuri professionisti cristiani. Il corpo degli educatori vanta- va un nutrito gruppo di valenti sacerdoti, tra i quali s’era fatto notare il giovane don Corti che aveva solo trentaquattro anni. Egli ha dovuto dunque sognare un percorso biennale per dei giovani che aspiravano a di- ventare preti. Quell’anno ne erano entrati una quindi- cina di nuovi, rispetto alla sessantina di liceali venuti da Venegono. C’era un forte gruppo da amalgamare e un percorso da disegnare. Don Renato seppe imprimere subito il suo timbro di accentuata spiritualità, per una compagnia di giovani esuberanti di vita.
Tre parole ci fecero da guida: il deserto, le figure spi- rituali, la comunità. Egli seppe dare subito un volto
dargli la carne di una vita spirituale robusta e densa. Per questo pensò quei due anni con l’immagine del de- serto con cui il profeta Osea si rivolge al popolo come alla sposa: «Io la sedurrò, la con- durrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16). Ci di- ceva: lasciatevi condurre nel deserto per ascoltare la paro- la abbondante del Vangelo (due meditazioni di mezz’o- ra al giorno avrebbero messo alla prova ogni giovane).
Aprile / Agosto • 2020
Il Card. Renato Corti al Saco Monte di Varallo
Bisognava imparare a diventare discepoli. Il testo fondante era ‘Sequela’ di Bonhoeffer che il teologo trucidato dai nazisti aveva proposto per il Seminario di Finkelwalde. Un itinerario essenziale per diventare di- scepoli di Gesù. Nel frattempo Sequeri a scuola ci aveva consigliato di leggere ‘ Introduzione al Cristianesimo’ di Joseph Ratzinger, fresco di traduzione in italiano. In un mese l’avevo divorato. La copia che posseggo an- cora è tutta miniata dalle note di lettura. Don Corti aveva invitato per il corso di esercizi l’indimenticabile dom Mariano Magrassi, poi arcivescovo di Bari. Rima- ne memorabile durante la prima settimana di Quare- sima la strigliata che ci fece, quando con la sua paro- la tagliente aveva messo in guardia – eravamo a metà dell’anno – sia quelli che non erano ancora entrati, sia quelli che erano già usciti dal deserto, perché nel deser- to – aggiungeva – bisogna “dimorare” per innamorarsi di Gesù e della gente. E aveva rincarato la dose, citan- do un testo dell’Apocalisse: «poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca» (Ap 3,16).
Ma non bastava l’idea forte del deserto a guidare quel periodo. Ci volevano figure spirituali concrete. E don Renato ne scelse due che stavano agli antipodi: un le- gionario francese che s’era ritirato prima a Nazareth e poi nel deserto algerino e una sindacalista contem- plativa nelle periferie operaie: Charles de Foucauld e
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