Monsignor Paolo Durio e “Er furto piccinino”

Monsignor Paolo Durio e “Er furto piccinino”

Qualche giorno fa è stato donato alla biblioteca un gustoso estratto dalla Rivista del Centro Studi Gioachino Belli, pubblicato nel numero di settembre-dicembre 2016: Monsignor Paolo Durio protagonista di “Er furto piccinino”.

L’autore è il vercellese Flavio Quaranta, che ha a cuore tutto ciò che ha un collegamento storico-artistico tra Vercelli, la città dove vive, Novara, la sua città natale e Roma, la città eterna per antonomasia. Quaranta ha scoperto due sonetti del 1847 del Belli, in cui compariva Paolo Durio e ha fatto delle ricerche per capire chi fosse questo prelato che per l’accusa di cleptomania si vide troncata la brillante carriera ecclesiastica (era stato nominato da Papa Gregorio XVI prelato domestico di Sua Santità, fu Referendario Ponente della Congregazione del Buon Governo, Delegato di Orvieto, Giudice di Tribunale, Canonico di San Pietro) e fu mandato in esilio a Varzo, nell’Ossola, dove, come semplice prete, concluse i suoi giorni il 31 dicembre 1887.

Nel sonetto viene commentata in maniera sarcastica la gravità della punizione, rispetto all’esiguità della colpa, tanto più assurda se rapportata al fatto che nella Roma del tempo ben più gravi delitti  venivano perpetrati senza che nessuno fosse punito.

Laura Osella Crevaroli per parte di madre discendeva dalla Famiglia Durio e tra il materiale bibliografico ed iconografico donato alla Biblioteca Civica “Farinone-Centa” di Varallo, dove è stato costituito un importante Fondo Bibliografico intitolato a suo marito Giorgio Crevaroli, compare anche un volume stampato a Roma nel 1840 dalla Tipografia Salvucci: “Discorsi di Monsig. D. Paolo Durio”, che comprende quattro Discorsi, due pronunciati in qualità di esponente dell’Arcadia, l’uno letto in Arcadia la sera del 10 gennaio 1839, l’altro nella Tiberina la sera degli 8 dicembre 1839. Il terzo discorso è l’elogio funebre del Conte Adolfo Mariscotti, mentre l’ultimo è il discorso recitato in Borgosesia nel 1835 nella festa della Natività di Maria, dedicato “A sua Eccellenza la Sig. Contessa Donna Antonietta di Castelbarco, Principessa Albani”.

Forse nessuno andrà mai a rileggerli questi eruditi Discorsi, però l’esser stato citato dal Belli garantirà a Don Paolo Durio un duraturo ricordo.

 

Er furto piccinino (I)

 

Chi arrubba è lladro, e ll’arrubbà è ppeccato,

e cchi ffà li peccati è ppeccatore;

e cquesto credo che nnun facci onore,

sor Libborio, a un cristiano bbattezzato.

Ma llevà er mantelletto a un Monziggnore,

caccià da Roma un povero prelato,

pe un pupazzetto o ddua c’ha sgraffignato,

è, a ssintimento mio, troppo arigore.

Capite voi? de sto paese io parlo,

dove chi ffa man bassa se la svicola:

cquesti nun zò li scrupoli der tarlo?

Ggià, scrupoli der tarlo, sor Libborio,

che ddoppo avé magnato la particola,

ebbe pavura de magnà er cibborio.

(II)

Mentre llí, in pied’in piede, er mi’ padrone

riccontava sto furto a mmezza vosce,

se stava scontorcenno un prelatone

e ss’aïnava a ffà ssegni de crosce.

Disce: «Un prelato reo di tal azzione!

Un di nojantri! oh cquesta sí mmi cosce!

Oh cche pporco futtuto! oh cche bbriccone!

Oh cche vvergogna! oh cche ddilitto atrosce!».

Ma cquant’è vvero er naso de san Pietro,

spesso chi rrajja sopr’all’antri, rajja,

se bbutta avanti per nun cascà addietro.

E ccorpo der cudino de ’na sorca!,

nun ze po ddà che ssii coda de pajja

e tutt’affetto de camiscia sporca?

Piera Mazzone

Direttore Biblioteca Civica “Farinone-Centa” di Varallo

IMMAGINI

  • Il palazzotto Durio a Grignasco.

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