Scene di conversazione Ritratti

Scene di conversazione  Ritratti

Ritratti di gentiluomo e gentildonna – di Antonio d’Enrico detto Tanzio da Varallo,

 

Nella sala Maria Teresa della Biblioteca Nazionale Braidense giovedì 16 marzo James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera e della Biblioteca Nazionale Braidense, in collaborazione con Università di Pavia, Accademia dei Filodrammatici, Associazione Amici di Brera e dei Musei Milanesi, ha presentato il quinto incontro del ciclo: Scene di conversazione Ritratti. Protagonisti d’eccezione due ritratti di gentiluomo e di gentildonna di Antonio D’Enrico detto Tanzio da Varallo: “Il Museo e la Biblioteca dialogano ponendosi come luoghi di civiltà, di rispetto, cortesia, conversazioni volte a valorizzare e contestualizzare gli oggetti d’arte”.

Hanno tradotto in dialogo arte e letteratura: Filippo Maria Ferro, Università degli Studi di Chieti, Giorgio Panizza, Università degli Studi di Pavia. Ha dato voce a Girolamo Borsieri, Manzoni, Parini, Testori e Gadda, l’attrice Sonia Burgarello.

I due ritratti di Tanzio, che mostrano una coppia in posa, eseguiti a pendant, sono conservati nelle sale della Pinacoteca di Brera e, al termine della conversazione, è stato possibile ammirarli dal vero, nella loro inquietante bellezza.

La lettura dell’introduzione testoriana al catalogo della mostra dedicata a Tanzio da Varallo, allestita a Torino nel 1959, ha trasportato il pubblico in Valsesia, a Varallo, alla fine di ottobre del 1584, per vedere Carlo Borromeo, che lasciava per l’ultima volta il Monte, immaginando che anche il giovane Tanzio potesse aver assistito a quella storica discesa. Tanzio diede della grande pittura caravaggesca una versione lombarda: Filippo Maria Ferro si è soffermato sulle  straordinarie potenzialità dei due ritratti come strumenti di lettura trasversale della società del suo tempo.

Le date dei ritratti, fine del terzo decennio del Seicento, coincidono con quelle dei Promessi Sposi, che nella letteratura italiana rappresentarono il rifiuto della retorica eroica, introducendo la “prosa della realtà”. I “pittori della realtà” potevano essere stati fonti di ispirazione per Manzoni, come dimostrò Testori riprendendo il “fil rouge” dei ricordi figurativi di Manzoni.

Di Tanzio si conoscono altri ritratti, illustrati da Ferro e contestualizzati nella vita del pittore che andò a Roma e poi a Napoli, dove era conosciuto come “Enrico il Todesco”. Grazie agli studi e alla recente mostra partenopea, la sua produzione artistica oggi è più chiara: dai ritratti napoletani al gentiluomo, presente alla base della pala di Colledimezzo, il cammino è tracciato e quando Tanzio torna in Valsesia è ormai “attrezzato” per intraprendere la strada moderna, innovativa: il Gentiluomo di Brera potrebbe essere il committente della pala di Cellio: San Carlo che porta in processione il Sacro Chiodo, Orazio Gibellini  “un signore allucinato che va a combattere i Turchi”.

Parini ne Il giorno, la cui prima parte fu riscritta dall’autore stesso trent’anni dopo, introduce il precettore che presenta al Giovin Signore i ritratti degli avi. La nullità dell’erede settecentesco sfugge al confronto con gli antenati, che in vari campi hanno lasciato un segno: quei ritratti parlano attraverso i versi: la stessa caratterizzazione sociale, psicologica, caratteriale si può leggere nei quadri di Tanzio.

Ferro si è soffermato sulle mani di Tanzio, che sono sempre molto riconoscibili per l’intenzionalità, oltre che per le caratteristiche anatomiche: allungate, scheletriche, febbrili. Solo Caravaggio e Tanzio ebbero la capacità di tradurre in figura un’identità forte, di sintonizzarsi in modo diretto con le passioni degli uomini del loro tempo, mentre in letteratura solo Manzoni saprà esprimerle con la stessa toccante umanità.

Lo stesso Don Rodrigo nel suo palazzaccio aveva la serie dei suoi antenati: per Panizza quei ritratti sono un confronto che va in direzione opposta a quelli descritti da Parini, perché questi incutono tutti terrore, e Don Rodrigo, dopo il colloquio con Fra Cristoforo, va in crisi, pensando di non essere all’altezza per mantenere quel livello di prepotenza. Tanzio nei suoi ritratti esprime la crisi del suo secolo e manifesta la sua inesausta domanda di senso: l’identità viene scavata sin nei suoi segreti più profondi, in presa diretta con la fisicità. Ferro ricorda che: “Tanzio finisce i suoi anni in una forma di stupefatto silenzio, forse entrò in convento. Manzoni stesso fu il testimone di questa consunzione dell’aristocrazia, di quella crisi che serpeggiava come un filone carsico attraverso la cultura lombarda, di cui Tanzio fu testimone e Manzoni lo sarà altrettanto attraverso il filtro della memoria”. Panizza ha concluso la Conversazione facendo ascoltare la lettura di un passo dell’Apologia manzoniana di Gadda, che sottolinea come Manzoni: “Volle parlare da uomo agli uomini, come, a lor modo, parlarono tutti quelli che ebbero qualche cosa di non cretino da raccontare”.

Piera Mazzone

IMMAGINI

1)Bulgarelli,Panizza, Ferro;

2) Ferro e i due ritratti di Tanzio;

3) Davanti ai ritratti di Tanzio.

Ferro 1 Ferro present

 

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